lunedì 29 dicembre 2008

Nuovo Template - Tributo a Josef Sudek

Dedico questo post e -come ben vedete - il template (da me realizzato) ad un grande fotografo ceco, Josef Sudek (Praga 1896 - 1976). Quest'uomo ha votato la sua esistenza alla fotografia, donandosi ad essa con gran sacrificio (perse un braccio durante la prima guerra mondiale) e con immensa umiltà ed, armato di tali virtù, ha immortalato nelle sue foto la quotidianità.
E così anche la banalità di semplici oggetti si trasfigura in splendore, ed essi diventano esempio della magnificenza del creato...

Qui di seguito posto alcune delle sue foto. (Perdonate la scarsa qualità dell'immagine)


atelier del fotografo - J. Sudek



Quest'ultima è testimonianza dei lavori di ricostruzioni della Cattedrale di San Vito a Praga, durante gli anni '20.




sabato 20 dicembre 2008

Gita a Praga - I giorno-

Venne il pomeriggio. Scendemmo nella hall dell’albergo. Io del tutto scostante. Il mio essere si intrise di tutto il ribrezzo possibile. Ci dirigemmo con flemma verso la metropolitana.

Ora. Se fino a quel momento credevo che il freddo tagliente provato all’aeroporto e davanti all’albergo fosse l’unico a cui il mio povero corpo si sarebbe dovuto abituare – e d’altronde avevamo già stipulato un accordo- bè… dovetti riaprire il negoziato!.

E così per il tragitto metropolitano il mio corpo non sentì ragioni. Soprattutto per le scale mobili!

C’era un che di esagerato: come si è potuto progettare delle scale tanto veloci?con quale perfidia?o con quale perversione?

Scesi dalla metro a namesti republiky (Piazza della Repubblica), ci dirigemmo in Piazza Venceslao, centro della Città Nuova. Ovviamente a guidarci furono i nostri cari professori: la professoressa G., la quale da lì in avanti non ci avrebbe più degnato di uno sguardo (ci ha sapientemente privati della sua presenza senza avessimo commesso alcun delitto o infamia alcuna!), il professor V., con al seguito l’intera marmaglia maschile (un individuo simpatico,ma alquanto infantile e libertino. Giustamente il resto vien da sé…), la professoressa C. (la più savia, ironica del gruppo) ed infine…il solitario, misterioso, tenebroso, ma per nulla affascinante vice preside G., venuto non in veste di accompagnatore. Imperscrutabile sino alla fine, ha dato da pensare…(ma di questo ne parlerò più avanti…un mistero è ancora aperto).

Ci trascinammo per la Piazza con poco entusiasmo. Molti,intanto, adocchiarono subito l’Hard Rock Cafè, (posto nella strada dalla quale giungevamo). Piazza Venceslao era colma di bancarelle dalle quali si levavano nell’aria odori dolciastri e, qualche volta, si insinuava prepotentemente nelle narici l’odore forte della carne. Bancarelle simili a piccole case, piacevoli all’occhio per via del colore rosso dei tetti, il quale smorzava la monotonia del grigiore circostante. Alla fine del largo viale (perché è così da definire, Piazza Venceslao), spiccava l’edificio del “Museo Nazionale”, in tutta la sua magnificenza. Per noi rimase solo oggetto di contemplazione…

La stanchezza faceva da sovrano, ed io, F., M., D. e Fr. Rimanemmo ferme a contemplare il vuoto per una serie di minuti. Io dovetti violentemente capacitarmi di essere in terra straniera, il panico si impadronì di me, pertanto, ad un sms di mio fratello, risposi malinconica e angustiata “Voglio tornare a casa. W l’Italia” .

Questa giornata fu particolarmente ridicola e per nulla proficua, difatti, una volta rientrati in albergo ci chiudemmo nelle nostre stanze, credendo di poterci rifocillare un poco almeno mediante la cena. Cosa che,purtroppo, non avvenne.

Allorché fu l’ora di cena, ci precipitammo giù speranzosi, ma ciò che trovammo ci disgustò e sprofondammo nell’amarezza più profonda. Il cibo dell’albergo lasciava molto a desiderare. Le uniche cose con la quale mi riempii il piatto furono delle polpette. Piacevoli, ma a lungo andare nauseabonde.

La signorina D., forse, si sentii colma di orgoglio in quel mentre, perché, una volta tornati su, piena di sé e fiera del suo buon senso, esibì i suoi viveri (formati da crackers e ciambelle al vino), lasciandoceli rimirare (ma non negandoceli).

La notte la passammo “insieme”.

In me e D. ardeva il desiderio di fare una telefonata al nostro amato professor A. Telefonata che al fine non avvenne….

Sebbene Praga non promise nulla di buona, e malgrado i miei grotteschi propositi di fuggire (e tali fantasie rimasero almeno sino alla fine del secondo giorno), mi assopii felicemente (beninteso, una felicità data solo dall’opportunità di dormire).

D. non dormì mai nella nostra stanza (un qualcosa della quale tutt’ora si pente, e se ne rammarica).

In questa notte anche B. venne a farci visita, addormentandosi con noi.

to be continued...

lunedì 15 dicembre 2008

Gita a Praga - Arrivo in albergo -

Giunti dinanzi all’albergo, mi meravigliai 1. Dell’albergo in sé 2. Dell’albergo che sicuramente non era situato al centro, come si garantiva. 3. Di come il mio corpo avesse avuto pietà di me e di come nessun arto e nessun altro organo si fossero ribellati a quella condizione e mi meravigliai, quindi , di come si trattenessero nella loro interezza, cosicché nessun pezzo si sarebbe potuto perdere più per strada.

In stanza con F. M. e X. (la quale si vide bene dal restar con noi. Non si sarebbe divertita)

Le prime parole della professoressa G. (vecchia volpe) con il suo inconfondibile accento napoletano “Ragà!fate attenzione!questi faranno di tutto pur di toglierci i soldi!controllate bene la stanza…che tutto sia apposto!”.

Subito all’opera. X. Filmò l’intera camera con i suoi difetti e pregi. Un video è una prova più che schiacciante.

Stanza non tanto grande. Divertente l’apertura della porta mediante scheda magnetica. Armadio all’entrata con di fronte il bagno. 3 letti smistati orizzontalmente per la stanza e un non-letto solo soletto posto verticalmente tra un tavolo ed un mobile con frigorifero. Nacque in me una simpatia per quella sottospecie di letto. Nessuno lottò per aggiudicarsi quel posto, pertanto divenne subito il mio letto. Visione per nulla affascinante dalla finestra, nemmeno Alfred Kubin avrebbe potuto trarre alcunché da quella visione. Parcheggio e supermarket di fronte (mezzo della nostra salvezza futura). A lato un cantiere aperto…

Desolante,si.

D. non era in camera con noi. Suo dispiacere. Nostro rammarico. Almeno era in stanza con Fr. (amica dell’altra classe).

Disperata per il viaggio e per la pessima impressione che ricavai dal tutto (sino a quel momento), mi lasciai cadere sul mio non-letto. Mi adagiai contro la parete e lì rimasi. Intanto ascoltavo il vociare delle mie tre compagne.

M. ,entusiasta, balzava da un letto all’altro ed i miei occhi la seguivano pigri ma attenti, sospettando un suo possibile salto sulla mia “brandina” e ,di conseguenza, temendo per la mia incolumità…

Ad un tratto , proprio come pensavo, ella saltò sul non-letto. Non cercai di fermarla, ma almeno mi gettai - nell’istante dell’impatto- sul letto di fronte, allibita.

Un rumore sospetto non lasciò presagire nulla di buono. Infatti, la situazione s’incrinò (come se la perfezione che pregustavo dalla mia prima gita non si fosse già infranta…).

Nell’aria si levò un “Che è successo?!”. Accadde che una doga si spezzò sotto di lei.

Ci assicurammo che almeno le altre fossero intatte, tuttavia, ne notammo una certa fragilità…

Capimmo che il video non avrebbe testimoniato in nostro favore, giacché tutto era stato filmato tranne che il letto…malgrado ciò, fiduciose e in buona fede, andammo a chiamare qualcuno per la sostituzione del letto, confidando nella magnanimità dell’albergo.

Un uomo giunse poco dopo. Poco appariscente, piccolo di statura, dall’aria leggermente bizzarra. Silenzioso, tirò fuori della stanza la brandina. Rientrò per recuperare la doga e, andandosene, lanciò un’occhiata particolare a F. – la quale si era piazzata davanti all’armadio, nei pressi della porta- dandole, con l’asse da legno, una leggera, affettuosa pacca su una coscia.

Trattenemmo a stento delle risa, ma quando egli fu lontano, sbottammo a ridere.

F. rimase attonita. Si ritrasse sbigottita esclamando “Ma che vole quello?!?”.

Qualche minuto dopo, l’ometto fece ritorno con un nuovo non-letto. Una volta conclusa la sua mansione, sorrise buffamente e si congedò con un breve inchino, il che ci lasciò ancora più di stucco. Un individuo alquanto eccentrico…

(Ora come ora posso dire che ricordava molto uno degli assistenti dell’agrimensore K. ,la qual cosa mi inquieta e mi diverte al tempo stesso pensando all’ironia della cosa. In fondo eravamo pur sempre a Praga!)

Nel mentre, venimmo a sapere che nel pomeriggio avremmo solamente familiarizzato con la città e nulla più.

Malgrado la stanchezza, osservando il cielo limpido, quasi mi convinsi a passare il resto della giornata con gioia, tuttavia, il massimo che ottenni da me fu di viverla solo con una avvilente serenità…

to be continued...

domenica 14 dicembre 2008

Gita a Praga - In aereo-

L’entusiasmo che provai nel svegliarmi la mattina e nel giungere a Fiumicino. Desiderio comune di vivere un’esperienza magica a tutti comune. Fotografia di classe. Ultima volta che vidi la “classe” (assieme a me le altre amiche sopra citate con le quali, in seguito, avrei condiviso, almeno, una collera comune, rivolta contro altri membri della classe. La bontà e saggezza di F. nel non voler essere in collera).

Niente di particolarmente interessante all’interno dell’aeroporto.

Paura per il mio ricco bagaglio.

Paura per me.

Io accanto a F. e M. (altra amica). Persa di vista D. che sedeva più avanti.

Dietro T. , P. e B. , compagni di “classe”. Vittime di future sfuriate.

La mia eccitazione, che già era ad un bel punto, raggiunse il massimo al momento della partenza. Poiché fu la mia prima gita aerea, l’eccitazione era elevata a potenza.

Quale emozione nell’aver la certezza di non poter più posare piede a terra!

Un grido di gioia comune nell’istante in cui l’aereo comincia a librarsi in cielo.

Un’euforia febbrile mi colse in pieno. M. pianse (non so se dalla paura…). F. tranquilla, serena.

Io accanto al finestrino. Mio comportamento puerile di fronte alla bellezza della Terra. Mani sul finestrino, occhi spalancati. Le voci di F. e M. che ogni tanto cercavano di ristabilire un contatto con me, persa fra le nuvole.

Ad un certo punto del viaggio vista del Po’. Incredibile come sia stata capace di identificare il fiume nonostante le mie scarse conoscenze geografiche. E la mia mano già stringeva l’altra per le congratulazioni.

Momento che avrebbe segnato pesantemente il mio primo giorno: la colazione in aereo. Yogurt, muffin e panino. L’eccitamento mi mise fame, non potei guardarmi dal mangiare.

Sereno arrivo per molti, atroce per me. Causa turbolenza in cielo. Atterraggio scomodo per questo e rivoltante (in tutti i sensi).

E il freddo ghiacciò i miei arti. Le mie mani non si videro per molto tempo, smistate nelle tasche a cercare il caldo. Le mie gambe non vollero saperne niente e corsero più di me…

to be continued...

venerdì 12 dicembre 2008

Gita a Praga -Prologo-

Nei giorni precedenti alla partenza. Giornate scarne animate unicamente dal nostro fermento. Volenterosi di fare niente, benché fossimo a Marzo. Unico pensiero: Praga.

Delle città che avremmo potuto visitare questa fu - a mio sciocco, inadeguato parere- all’apparenza la meno piacevole, pertanto il mio fermento – che così allora non si poteva definire, bensì sola accondiscendenza al desiderio comune – non era dei più vivaci.

Scartata a priori Parigi (perché gita dell’anno precedente) le altre capitali apparvero particolarmente costose, e Praga si preparava timidamente a svettare tra le altre con il suo costo più che accessibile.

Allorché decidemmo, l’euforia fu tanta. La desolazione che provai nel non poter sognar Parigi, si tramutò in una sorta d’ostilità, nonché scetticismo, per la capitale ceca.

Tuttavia andava crescendo in me la felicità della gita.

L’idea di scorazzare gioiosamente in terra straniera con i propri compagni divenne allettante.

Così mi arresi a questo fermento, o almeno una parte di me, l’altra, al contrario, si crogiolava nella pigrizia a lei consona, seccandosi alla sola idea di un viaggio in aereo, di un conseguente atterraggio e delle conseguenti attenzioni che avrebbe dovuto rivolgere alla salute – perché tanto cagionevole- e alle conseguenti energie- sia pur mentali che fisiche- che avrebbe dovuto votare all’escursione di questa capitale sconosciuta e fredda…

Tralasciando la tristezza di cui i nostri cuori si empirono alla notizia che il nostro adorato professor A. non avrebbe condiviso la gioia della gita con noi, accettammo a malincuore – ma com’era giusto che fosse- di avere come accompagnatrice la professoressa G. (della quale, più avanti, non sentirete più parlare…).

Il professor R., al nome “Praga” accostò immediatamente l’immagine dello scrittore che portava il singolare nome di “Kafka”, consigliandoci vivamente di leggere almeno il “Castello” prima di inoltraci all’avanscoperta.

Ora, benché il mio amore per la Letteratura sia sinceramente libero e profondo, non consta di una libertà a 360°, bensì ha dei limiti così definiti che un tale amore s’incanala, il più delle volte in una direzione“monografica”, sicché – essendo talmente ingordo- si esaurisce soltanto dopo essersi nutrito del tutto di un autore (o almeno di quel tanto che si avvicina al tutto). A tal proposito, allora ero presa da Charles Baudelaire, pertanto l’idea di leggere Kafka non svolazzò nemmeno nell’anticamera della mia mente satura di ben altro, e la mia accidia, con mio grande stupore, mi proibì addirittura di raccogliere informazioni utili sull’autore in questione.

Inutile descrivere l’amarezza che provai in seguito a causa di questa mia grave mancanza…

La sera prima della partenza. Telefonata alla mia amica D. Ilarità scaturita da un sms dell’amica F., la quale, divorata dal dubbio, domandava se fosse possibile portare in aereo la spuma. Nella sua mente immagini apocalittiche: e se la spuma esplodesse?.

I miei che mi “invitavano cordialmente” a troncare il dialogo telefonico, poiché dalla mattina seguente, e per 4 giorni, - a detta loro, e come avrei potuto dar loro torto- non avrei avuto carenze di dialoghi…

Inventario della valigia. Ingenuamente ignara delle temperature che avrei trovato, portai anche alcune gonne. Tutto apposto. Nessuna mancanza, nessuna visione apocalittica (il vichs sinex non esplode, tanto meno le pasticche di Moment ).

Notte passata a fantasticare. Cullata dal tepore del Marzo italiano…un tepore che nei 4 giorni avvenire, tra agonie varie, avrei tanto voluto si posasse sul mio povero corpo...

to be continued...

domenica 7 dicembre 2008

La bellezza di un diario


"Chi tiene un diario ha il vantaggio di rendersi conto con tranquillante chiarezza dei mutamenti ai quali è incessantemente soggetto, mutamenti che beninteso si credono, si intuiscono e ammettono, ma d’altro canto inconsapevolmente si negano ogniqualvolta si tratta di ricavare speranze o tranquillità da una siffatta ammissione. Nel diario si trovano le prove del fatto che abbiamo vissuto, osservato e scritto osservazioni magari in condizioni che oggi sembrano intollerabili, che pertanto questa destra si è mossa come in questo momento cui, è ben vero, siamo più esperti perché abbiamo la possibilità di abbracciare con lo sguardo la situazione di quel tempo, ma, appunto per ciò, dobbiamo riconoscere tanto più quanto sia stata impavida la nostra aspirazione di allora, la quale si conserva nonostante tutta l’ignoranza."
[Fran Kafka, Diari 1911]

Benchè mi sia balenata in testa -una miriade di volte- solo l'idea di tenere un diario, la mia accidia (perchè di questo si tratta. La mia non è pigrizia) me l'ha il più del volte impedito, sia pur per la mia scarsa volontà, sia per il mio terrore della morte. (un diario è ciò che di più intimo esiste. L'imbarazzo di chi potrebbe leggerlo...ahi,ahi)
Tuttavia me ne rammarico...e penso assiduamente a scrivere un diario senza mai concretizzarlo.
Ma desidero, almeno in parte, sconfiggere la mia accidia e, in virtù di ciò, almeno pubblicare qui il diario della mia gita a Praga...

venerdì 5 dicembre 2008

Frammenti -III-

Il gesto convulso di un volto che si gira.

La distrazione implica un uscire dalla monotonia dell’attenzione, uscire da uno schema comportamentale, una sorta di risveglio dell’istinto d’osservazione che ogni uomo ha in dote, ma che il mondo inibisce.
A volte la distrazione ci permette di scorgere, di percepire, di vedere cose che l’attenzione si lascia molto addietro, difatti cose fuori del cerchio di una società che non vede.

domenica 30 novembre 2008

Franz Kafka - curiosando tra le lettere...


Benché la mia attenzione sia rivolta sulle frasi sottolineate, ho voluto riportare quasi per intero l’ultima parte di una delle lettere del non breve carteggio tra Franz Kafka e Milena, per carpire alcune curiose analogie con i suoi scritto più famosi…

[Praga, 14.IX.20]

Martedì

[…] Le cose stanno all’incirca così: io, bestia silvestre, non stavo, si può dire, nella selva giacevo non so dove, in un fosso lurido (lurido beninteso soltanto per la mia presenza) ed ecco che ti vidi fuori all’aperto, la cosa più meravigliosa che avessi mai visto, dimenticai tutto, mi dimenticai interamente, mi alzai, mi avvicinai, timido bensì in quella nuova eppure natia libertà, mi avvicinai dunque, arrivai fino a te, tu fosti tanto buona, mi accovacciai presso a te come se ciò mi fosse lecito, posai il viso nella tua mano, ero tanto felice, tanto orgoglioso, tanto libero, tanto potente, tanto a casa mia, sempre così: tanto a casa mia – ma in fondo ero pur sempre la bestia, appartenevo pur sempre alla selva, vivevo all’aperto soltanto per grazia tua e senza saperlo (poiché avevo dimenticato ogni cosa) leggevo la mia sorte nei tuoi occhi. Non poteva durare. Anche accarezzandomi con la mano più generosa dovevi notare certe particolarità allusive alla selva, a questa origine, a questa vera patria, e vennero le necessarie, necessariamente ripetute discussioni sull’"angoscia" che torturavano me (e te,ma te innocentemente) fino al nervo scoperto, e sempre più crebbe davanti a me la visione dell’immondo tormento, del continuo ostacolo che ero per te […] Ripensai chi ero, nei tuoi occhi non lessi più alcuna allusione, provai il terrore in sogno (di vivere in qualche luogo che non era il mio, come se fossi a casa mia), questo terrore lo provai realmente, dovetti ritornare nel buio, non sopportavo il sole, ero disperato veramente come una bestia smarrita, incominciai a correre a più non posso e sempre col pensiero "Se potessi portarla con me!" e col contropensiero "Esiste il buio dove è lei?"

Tu chiedi come io viva: ecco, così vivo.

“Lurido beninteso soltanto per la mia presenza”

Tale spiacevole frase riappare sottoforma di dialogo proprio nel “Processo”, dove Josef K., parlando con la signora Grubach , grida “La pensione pulita!...se vuole tenere pulita la pensione, il primo che deve sfrattare sono io”.

Le ultime sottolineature, invece, delineano l’ immedesimazione con Gregor Samsa – oramai costretto in quell’orrida forma di “bestia”- che con la totale consapevolezza della propria situazione irreversibile e, conseguentemente, del proprio destino “nel buio”, nutre una flebile speranza… ovvero quella di riuscire a trascinare con sé la sorella. Tuttavia, il tutto appare agli occhi di Samsa/Kafka un’utopia… ed infatti <Esiste il buio dove è lei?>.

L’impossibilità di conciliare questo buio (il momento della scrittura) con la luce (l’amore/il mondo esterno) si tramuta in angoscia. Una tortura insopportabile.

Altra cosa curiosa:

In uno dei tanti colloqui che il giovane Gustav Janouch allora riportava tanto scrupolosamente sui suoi quaderni, egli ci rivela che alla domanda “la s del protagonista, samsa, ha la stessa posizione
della k in kafka...parrebbe un crittogramma...”il dr.Kafka scrollò la testa negando, al contrario asserì che non si trattava di una confessione, ma solo di una indiscrezione…

Ma nonostante questa sua dichiarazione, sembrerebbe quasi che la psiche gli abbia giocato uno scherzo! e che la lettera qui sopra riportata ci rivela ben altra cosa…



lunedì 10 novembre 2008

Arte Ponto Vida: Grazie


1. citare da chi si è ricevuto il premio;

2. dire perchè si è deciso di creare il blog;

3. dire qual’è la propria arte preferita;

4. onorare altri 13 blog amici.


  1. Ringrazio vivamente Fifì 79 per aver pensato a me. Grazie tante!!!
  2. Ho creato questo blog non per raccontarmi,ma per raccontare e pensare.
  3. Arte preferita?Dunque…essendo l’Arte creazione, credo di non sbagliare dicendo che la Terra su cui viviamo è la forma d’Arte che preferisco. Ovviamente tutto il resto vien da sé. ;P (e per tutto il resto intendo lei Arti Figurative, La Letteratura, La Musica e via discorrendo che sicuramente sono il frutto della bellezza di questo mondo)
  4. Temo che per me sia ancora troppo presto per questo 4° punto…

lunedì 3 novembre 2008

Frammenti -II-

Ci sono cose straordinarie che l’essere umano è capace di fare seguendo l’istinto:

l’Amore e la Poesia.

Ed il più delle volte le due cose coincidono.

L'Arte è diretta emanazione di quell'istinto umano posto sempre sotto giudizio.

Tuttavia è questo istinto che rende l'umanità fervida e prolifera.

Un istinto unico che nella sua sublimità annienta la grettezza della ragione umana...

venerdì 24 ottobre 2008

Frammenti -I-


Su questa Terra è di "uso comune" non dire la verità,mascherarla appare più comodo.

E se necessita , crearne una è la soluzione migliore.

Tutti dardeggiano solo menzogne, magari anche con un’ innocua inconsapevolezza.

Molti hanno perduto la capacità di amare e nessuna giustizia vi è se non quella di pochi uomini, una giustizia priva di grazia, di veridicità e,dunque, priva di giustezza stessa.

Dove è la verità?

E’ per questo che c’è poca bellezza nel mondo…

VERITA’ E’ BELLEZZA,

BELLEZZA E’ VERITA’

giovedì 16 ottobre 2008

Illustrazione -I-

Illustrazione a matita di Franz Kafka.
Realizzata da me.

martedì 30 settembre 2008

A dadi con l'universo...?


CAOS--->CASO

Anagrammando Caossi ottiene Caso

Eppure, dacché vi è un sublime ed ineluttabile Ordine nel Caos…quale paradosso più grande!

Sicché niente è Caso.

mercoledì 24 settembre 2008

Tributo a Franz Kafka


Questo video è stato realizzato per l’Esame di Stato.

E’ un omaggio allo scrittore in onore del suo 125°Anniversario della sua nascita.



Franz Kafka nacque il 3 Luglio del 1883 e morì nel sanatorio di Kierling il 3 Giugno del 1924 a soli 40 anni.

Fu un grande scrittore e ancor prima un grande uomo sulle cui fragili spalle gravava il peso stesso della vita. Una vita che ai suoi occhi appariva immensamente misticheggiante e grandiosamente meravigliosa tanto da credere di non afferrarne e comprenderne neanche i più piccoli meccanismi, scrutandoli con occhi sempre nuovi ed ingenui, con occhi da “bambino”.

Il mondo intero fu per lui un qualcosa di indomabile, una foresta di simboli quasi inaccessibile.

Difficile a credersi considerando il “patrimonio” che – quasi involontariamente – ci ha lasciato:

I suoi scritti rivelano tutto ciò che del mondo c’è da dire.

La sua “incapacità di vivere” (come sottolineò una delle donne più importanti della sua vita – Milena Jesenka - ) e la sua conseguente “non idoneità alla vita” (verdetto tratto dalla celeberrima “Lettera al Padre”) sono il riflesso di quell’inettitudine e di quella anormalità che egli stesso si attribuisce mettendosi a confronto con l’esempio assoluto di normalità, di autorevolezza e di grande fervore vitale che è stato per lui: il padre. Una diversità insormontabile, la loro, che lo ha perseguitato per tutta la vita. Un’autentica persecuzione che lo ha condotto sull’orlo della disperazione.

Non a caso, l’intera opera letteraria è da definirsi come “Tentata evasione dalla sfera paterna” come egli stesso confida al suo amico Max Brod.

Nonostante l’ autosvalutazione – che affonda le sue radici proprio nel problematico rapporto padre/figlio – egli ha piena coscienza dell’ importanza della vocazione letteraria.

Una vocazione che non può conciliare con la normalità della vita quotidiana, con il lavoro e con il frustrante desiderio di unirsi in matrimonio.

Tutto questo si tramuta in un conflitto insostenibile: da una parte l’uomo combatte -attraverso la scrittura- per la sua affermazione spirituale, lotta per raggiungere l’agognata purezza per la quale “tanto fa chiasso”. Un processo che richiede un grande ascetismo e una profonda solitudine, affinché possa lottare solo con i suoi “spettri”. Dall’altra l’uomo desidera condurre una vita “normale”, perché incapace di tollerare una vita in completa solitudine, conscio che l’unione in matrimonio possa essere l’unica via di salvezza per potersi sollevare dall’angoscia e per potersi finalmente affermare al livello “sociale”.

E la battaglia si conclude con la sconfitta di quest ultimo:

“E’ improbabile che io sappia vivere con qualcuno…”

“Io devo stare molto solo. Ciò che ho prodotto finora è tutto effetto della mia solitudine.”

“La paura dell’unione, dell’immediesimarsi. In tal caso non sarò più solo…”

“Essendo solo potrei forse un giorno abbandonare il mio posto. Una volta sposato non sarà possibile mai…”

Tuttavia il lacerante conflitto non si risolse mai definitivamente.

Solo l’ultimo periodo della sua vita con Dora Diamant è forse il periodo più sereno, ove, incredibilmente, riesce con tranquillità a conciliare il suo amore per la donna con la scrittura, tanto da accettarla nella sua stanza durante quelle terribili ore notturne nelle quali,una volta, e solo, lottava con le sue tenebre…


martedì 23 settembre 2008

[I]


Una carezza al mondo...

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“Hai pensato mai di colorare queste pareti?”

egli domandò.

“No,mai. Perché?”

ella rispose.

“Colore,colore…qui ci vuole colore!”

“Colore?...e se un giorno, entrando in questa stanza, tu dovessi non rallegrartene più?Cosa dovrei fare allora?”

Chiese con affettuosa innocenza.

Egli emise un sibilo interrogativo. Rizzò ancor di più la schiena e, così slanciato, fiero e teso come la corda di un violino, le sue energie parvero tutte confluire in quella domanda. La mano destra carezzava il mento ed, infine, le sue dita volarono nell’aria schioccando. Nei suoi occhi una luce vivace accese il suo sguardo aperto. Sorrise e rispose.

“O bé…a quel punto abbatteremo queste mura e ne innalzeremo di nuove!!”

Iniziò a gesticolare teatralmente simulando la folle idea.

Ella rise di gusto e tutto il resto del corpo rise con lei.

“Tu sei matto.”

“Che ne pensi di questo rosso?”

Egli le mostrò la tavolozza ed i suoi occhi rimasero puramente conquistati da quella particolare alchimia dei colori. Tuttavia, l’incantevole fascino si dissipò facilmente ed i suoi occhi non ebbero più davanti una visione fatata, ma poterono analizzare la questione con la forza del pensiero. Il rosso che l’uomo le indicò non la convinse, piuttosto, le suscitò spavento.

“Oh…lo trovo poco adatto. Mi dà l‘aria di un amore sulla via del tramonto… Sembra un amore sul punto di svanire…”

“Amore che svanisce?...Per carità!Allora non parli di amore!L’Amore non svanisce…fiorisce e, come dici, può tramontare,ma non svanire!. Una volta tramontato si assopisce teneramente in un angolo del cuore e sonnecchia languidamente,ma è sempre pronto a risorgere…no,no…non svanisce proprio…” cominciò a scuotere la testa in segno di disaccordo.

Sicché egli apparve scontento dell’amante. Seguitò in quel nevrotico gesto del capo.

La donna mite abbassò lo sguardo sconsolata per quell’indiretto rimprovero, ma al contempo incantata da quelle parole, sulle sue gote apparve un leggero rossore, che acquistò maggiore intensità nonostante la leggerezza per via della sua pelle bianca, e dalla sua bocca uscì una sorta di timida preghiera.

“Perdonami…come hai ragione!”

“L’Amore è un fuoco greco.”

Egli sentenziò.

Dopo qualche secondo di silenzio meditativo, la donna candidamente gli rivolse un complimento.

“Come è piacevole ascoltarti. Mi insegni sempre nuove cose…”

“Ti sbagli.”

“Perché?”

“Come fai a non accorgertene?Tutto ciò che dico lo attingo spudoratamente da te.”

“Ma che dici?”

“Verità. Il mio Amore si nutre del Tuo. E nulla più.”

“Sul serio?”

“Assolutamente.”

“Allora sono molto arrabbiata con te. Si,sei uno spudorato.”

Una vena scherzosa attraversò le sue parole. La sua voce risuonò bambinesca e cristallina e questa musica bastò a conquistare l’uomo che, colto da un calore nuovo, impacciato come un bimbo le prese una mano cominciando a carezzarla lievemente gustandone ogni particolarità, soprattutto l’azzurra e languida venatura che la percorreva. Alzò infine gli occhi docili ,ma furbi, portandoli sul viso dell’amante.

“Si…lo sono. Ma non volermene,te ne prego. Dopotutto, mi limito ad ubbidire a Lei, a studiare avidamente e ripetere superbamente la lezione della mia Maestra come un bravo e volenteroso e ambizioso scolaro…sperando unicamente in un Suo elogio ed in qualche carezza incoraggiante.”

Ella sorrise mentre l’uomo giocava con la sua mano in un turbinio di carezze. Divertita dalla situazione e visibilmente lusingata seguitò con quel delizioso gioco e lanciò una proposta.

“D’accordo…allora,ti impartisco una nuova lezione: Perché non lasciamo queste pareti bianche? A mio parere in nessun colore all’infuori di questo si può identificare l’Amore…”

“Ahimè…a quanto vedo ho ancora tanto da imparare…”

“I colori stanno bene sulle tue tele… lì danno il meglio di loro…vivono. Qui,su queste pareti,che vita avrebbero?”

E rimasero così, a fissare i colori di quelle tele, scrutandone un’immortalità che il tempo non avrebbe mai concesso a quelle pareti…

Animazione kafkiana

Cortometraggio dell'animatore polacco Piotr Dumala.
Animazione allegorica sulla vita e sull'opera dello scrittore boemo di lingua tedesca Franz Kafka.
Da vedere.

Piotr Dumala - Kafka (1992)