venerdì 9 luglio 2010

We are the One

Un'altra fanfiction su Star Trek ambientata dopo gli eventi narrati nell'episodio la Ragnatela Tholiana (uno degli episodi più significativi a mio parere...)

Un breve pensiero gettato su carta in metro...

Il punto di vista: Kirk

-WE ARE THE ONE-

Restai ad osservare i miei due ufficiali con una tale felicità in corpo...
Ero incommensurabilmente lieto di poter nuovamente assistere alle loro fraterne schermaglie verbali, tanto che non riuscii a trattenermi dal sorridere più volte.
Ero semplicemente commosso.
Commosso dall’epilogo della storia.

Non mi sono mai sentito più vivo.
Quest’oggi si è compiuto un piccolo miracolo.
Ed è stato loro il merito.
Certo, se non fosse stato per quest’angolo dell’universo forse non sarebbe accaduto.
Credo che la ragnatela, nella sua sinonimia di prigione, abbia giovato ai miei compagni più di quanto ci si potesse aspettare.
E’ istintivo attribuire ad essa una connotazione negativa, ma per i miei compagni non c’era nulla di più carcerante del pregiudizio e dell’orgoglio di cui erano schiavi.
La ragnatela con la sua stretta ha obbligato le loro menti a sfiorarsi, a schiudersi l’una all’altra.
In fondo Spock e Bones sono sostanzialmente due facce della stessa medaglia.
Così uguali e diversi nella loro complementarità.
Variabili della stessa natura.
Due numeri primi costretti l’uno all’ombra dell’altro.
Due mondi tristi, all’apparenza lontani il cui orgoglio torreggia nei loro animi impedendo loro di ascoltarsi, anche solo di percepirsi...

E quest’oggi si sono incontrati, forse per la prima volta.
Sono stati costretti a incrociare i loro sguardi, a scrutarsi, ad accogliere gradualmente e cautamente l’uno nella vita dell’altro, ad accettare la loro rispettiva indispensabilità.
Ora i loro occhi si esplorano giocosamente.
E posso affermare che finalmente si sono scoperti.
E’ un traguardo notevole.
Forse sono ancora lungi dal comprendersi appieno, d’altronde è presto, ma confido nella loro umanità, come loro sopportano la mia umana spregiudicatezza, sapranno sopportarsi e sostenersi a vicenda.

Le più grandi scoperte sono quelle che derivano dall’esplorazione dell’universo che è in noi.
Saper abbracciare le infinite variabili dell’infinità della nostra natura... e amarle.

Inscindibili nonostante le diversità.
Nulla di più bello.
Sono grato all’universo per questo.

Spock...Bones...Fratelli miei... Indivisibili.

Sì.Non potrei essere più felice.

giovedì 17 giugno 2010

- Un senso di Te -

E dopo quasi un anno...

Sulle note di Elisa, un piccolo tributo all'Amore.

[Fandom: STAR TREK - Pairing: Sarek/Amanda]


- UN SENSO DI TE -



Eppure è sempre presente, senza più vincolo alcuno, nella mia mente…il pensiero di lei…

Sarek…

L’ambasciatore sedeva ora in decoroso silenzio nel giardino che sua moglie aveva curato negli anni della loro vita assieme.
La lieve brezza che di tanto in tanto carezzava il suo volto aveva lo stesso caldo e timido tocco che la donna che aveva amato riservava lui nei momenti più intimi del loro amore. Talvolta quel venticello sembrava cantare il suo nome, nel medesimo modo, nella medesima intensità armonica con la quale Amanda soleva rassicurarlo, o rimproverarlo. Ma era sempre un piacere in entrambe i casi…qualunque fosse la natura di quel “canto”.
Per Sarek ora ogni flebile sospiro, ogni respiro, ogni movimento della natura che lo circondava risuonava della sua voce…e questo era di conforto al suo animo mutilato, che da poco aveva perduto quella parte di sé che sapeva di Lei.
Quei suoni erano l’unica cosa che ancora la teneva in vita nella loro casa… altrimenti il silenzio.
Il nobile, ma irrequieto silenzio del suo dolore il quale -contrariamente al profumo di Lei che inebriava ancora i suoi sensi- non aveva altro che il triste sapore di una realtà indissolubilmente amara.

Amanda… ricordarti…?
Ricordare… sapere che da ora in avanti questo sarà il verbo attraverso il quale sarò costretto a parlare di Lei e con Lei…è una consapevolezza alla quale rinuncerei volentieri…
Ma è un dovere verso di Te.
E verso di me.
Verso ciò che Siamo. Verso ciò che Eri…
No .
Dover parlare di Lei al passato…
No.
Verso ciò che Sei e Sarai sempre.
Il Passato è d’altronde un’illusione. Ma il ricordo è dolore.
Bruciante dolore.
Ciononostante sarebbe illogico non ricordare…
Io non dimentico. Questo lo sai bene…
E quindi ascoltiamo insieme questi ricordi. Per l’ultima volta.
Insieme.


All’ambasciata vulcaniana, quella sera, erano stati invitati diversi membri illustri della Federazione e della Flotta. La sala principale gremiva di gente. I presenti sfoggiavano abiti di diverso genere, che presi uno ad uno certo non spiccavano per sobrietà, ma nemmeno per eccessiva grossolanità, tuttavia l’insieme stonava in una cacofonia di colori con un’ambiente sostanzialmente umile, adorno e provvisto dello stretto necessario per rallegrare la serata.
Dal fondo della sala, difatti, si diffondevano le note di un Allegro di Mozart e questo bastava a rendere il ricevimento estremamente gradevole. Si mormorava che fosse stato lo stesso Sarek a richiedere la musica del compositore viennese e questo provocò nei presenti un moto di stupore e autocompiacimento.
Amanda Grayson spiccava in quel mare di opulenza per la sua modica eleganza. Era una donna all’apparenza gracile, ma aveva portamento, i suoi gesti erano aggraziati e misurati e sul suo volto sembrava eternarsi un sorriso cortese e sincero. Era evidente però che con certi eventi non aveva ancora acquisito familiarità, sebbene sapesse portarsi, si poteva ancora cogliere nei suoi atteggiamenti talvolta impacciati e nel suo parlare altalenante un certo imbarazzo. Ma un imbarazzo dovuto perlopiù all’umiltà di una semplice insegnante la quale aveva da poco ricevuto un’onorificenza alla carriera e che avrebbe avuto a breve l’onore di sedere nelle università più prestigiose.
Quando uno dei rettori più rinomati volle presentarla a Sarek, la donna ostentò un certo tentennamento.
Questa soggezione si eclissò nel preciso istante in cui vide una mano protendere verso di lei. Amanda rimase un attimo attonita.
L’Ambasciatore voleva stringerle la mano come consuetudine terrestre.
Quel gesto così umano solitamente contrastava con lo stoicismo vulcaniano, ma Sarek, sebbene seguitasse nell’ostentare una certa rigidità e austerità, aveva avuto modo di acquistare dimestichezza con gli usi e i costumi terrestri tanto da desiderare di sperimentarli, e quel gesto, così, con la sua persona si accordava magnificamente.
Amanda, inizialmente, pensò di ricambiare il saluto nel medesimo modo, ma poco dopo comprese di dover rendergli omaggio nella maniera più consona alla sua natura e invece di ricambiare la stretta di mano, levò la stessa dividendone le dita e pronunciando il tipico saluto in un vulcaniano decisamente accettabile.
Allora Sarek inarcò un sopracciglio sorpreso e incuriosito, attratto da quella donna così amabile, e da quegli occhi di un celeste così vivo al quale i suoi non erano abituati e dalle gote accese di un colore altrettanto gradevole.
Quella fu l’occasione in cui comprese che doveva trattarsi dell’inizio di un incanto spaventevole e delizioso, destinato a perseguitarlo nel tempo.
Il prologo di un amore…?

Amanda…

L’Amore. Sperimentare l’amore e analizzarne le cause e le conseguenze sarebbe stato logico. Ma non si trattava di un’equazione risolvibile con la ragione, e questo lo innervosiva. Lo intimoriva e intimidiva. Era un’equazione le cui variabili non erano calcolabili. E le cui incognite…
“Ma questa non è scienza, Sarek!” lo rimbeccò Amanda un giorno con una nota di sdegno “E non è un problema di matematica!! Non siamo numeri…ma persone! Non c’è una soluzione logica…” sebbene Sarek avvertisse in lei un moto di risentimento, la vide sorridere mentre gli veniva incontro per prendere le sue mani tra le sue e depositarvi un lieve bacio. Sarek si ritrasse delicatamente, i suoi occhi confusi si posarono su quelli della sua promessa sposa sondandone la profondità per attingere da essi una risposta.
“…Noi siamo la soluzione,Sarek…e la nostra unione è meglio della somma delle nostre diversità…non sono forse queste parole di Surak?”. Egli annuì flebilmente mentre sul suo viso fioriva un sorriso silenzioso appena percepibile. Amanda intanto osservava quei moti quieti e timidi dell’animo dell’uomo che amava. Il pudore attraverso il quale tentava invano di nascondere la timidezza era di una bellezza commovente. Lei gli si riavvicinò invitandolo a condividere il loro vincolo per mezzo dell’unione delle loro dita. Sarek obbedì a quella richiesta, mentre Amanda portava le sue labbra su quelle di lui. Il vulcaniano sgranò gli occhi a quel tocco…piacevole. Poté chiaramente, e distintamente percepire ogni cosa. In lei l’amore così radicato era un continuo germogliare di nuove letizie e Sarek ne era parte integrante, parte integrante di una serenità che non aveva nulla a che vedere con la logica...

Nulla…


“Serenità?...”
“Sì, Amanda…la logica ci conferisce una serenità che gli umani raramente raggiungono.” Ripeté. Amanda si mostrò dubbiosa.
Entrambe sostavano immobili sul ponte di San Francisco, sopravvissuto alle numerose intemperie del tempo, che fiero e ritto dominava il mare sottostante permettendo a tutti coloro che vi posavano piedi insicuri di poter godere della sua protezione, della bellezza dell’oceano e della serenità di poter pensare in libertà, cullato dall’ondeggiare di quell’azzurro così rassicurante.
L’ambasciatore seguiva il moto di quelle onde con occhi incantati. Il suo sguardo era impegnato a scandagliare l’immensità del mare per carpirne il senso di tanta meraviglia, e per comprendere il motivo della capacità di quelle acque di poter rasserenare il suo spirito.
Alla luce di quest’arcana serenità – conseguenza di una scrupolosa e ostinata osservazione di quella vasta distesa d’acqua- Possibile che la forza illuminante della logica, l’unica motrice della sua esistenza, potesse perdere così ogni valore?
Per un frangente, dubitò della giustezza della sua logica convinzione. Allora pensò che quella perplessità non doveva essere sfuggita alla sua compagna.
“E’ così…” confermò l’esattezza della sua affermazione, senza distogliere lo sguardo dal mare.
Amanda, contrariamente al suo compagno, aveva come oggetto in esame proprio Sarek.
I suoi occhi ricercarono insistentemente quelli dell’uomo il quale fu costretto a incontrarli. Ed ora, incredibilmente, fu come non aver mai distolto lo sguardo dalla meraviglia della natura. Ritrovare quella stessa serenità in quell’azzurro vivo, vibrante decisamente più familiare,consolante e umano era ciò che rendeva la sua futura consorte il più bello, entusiasmante ed incomprensibile mistero della natura stessa.
E allora comprese che la serenità era sì una costante, ma era mutevole e pertanto non necessariamente conferitagli dalla semplice e rigorosa logica e dall’equilibrio che ne derivava, e che inoltre seguiva un moto ondulatorio, un altalenare che poteva raggiungere sommità a lui sconosciute, indefinibili…
E non avevano un nome.
“E la felicità dov’è in tutto questo?” improvvisamente domandò seria Amanda.
Sarek non rispose.
Si limitò ad osservare quel suo bel mistero, accennando un lieve sorriso.
E ancora una volta Lei fu in grado di offrirgli la risposta.

Amanda, allora non fui in grado di risponderti…
Quelle sommità avevano un nome.
Ecco.
Felicità.


Ma la felicità non era una condizione necessaria.
Per un vulcaniano non era una condizione accessibile, non era un pensiero concepibile e pertanto non rappresentava un traguardo perseguibile...
Non era logico.
Era una chimera. Un capriccio umano che Sarek sentiva di doversi concedere.

Doveva sposare Amanda.


“Dunque è questo il tuo volere, Sarek?”
La domanda di T’Pau riecheggiò, nelle orecchie del giovane ambasciatore, imperiosa e traboccante di una severa incredulità. Sebbene fosse un terminale a dividerli, Sarek percepii nel tono di voce il grave disappunto che l’anziana vulcaniana tentava di lenire con leggeri e impercettibili sospiri, ma il suo volto contratto tradiva le sue intenzioni.
Ricordare il malcontento di T’Pau era sempre un’esperienza poco felice, ma pensare alla felicità che invece derivò dal perseguire la propria scelta rendeva quel ricordo di un tale pallore…
“Sì, T’Pau… è il mio volere.” Rispose con fermezza.
La donna inarcò un sopracciglio, dubbiosa. Era raro scorgere in lei un moto, seppur appena percepibile, emotivo, ma in quell’istante, l’ambasciatore poté chiaramente notare i lineamenti del suo viso incrinarsi in quel che si poteva identificare come un moto di contrarietà e…delusione?.
“Sarek… non vedo ragione per la quale negarti il matrimonio. Ma non vedo la logica…nella tua ostinazione a pretendere come sposa quella terrestre.”
“La mia non è un’ostinazione illogica, T’Pau… neppure una pretesa. E’ un desiderio.”
“Il desiderio è fuorviante, ingannevole. La tua ragione vacilla, Sarek…”
“Tu metti in discussione la mia ragione, ma è la mia scelta a darti pensiero. Sì, T’Pau…ho scelto un’umana. Questo è il mio volere.” La tenacia ed il vigore con il quale ripeté le ultime parole provocò nell’altra un guizzo amaro della bocca.
Sarek desiderava Amanda, ma era un desiderio logico, posato, controllato, non era il frutto di un inganno, uno scherzo dei sensi. Era una necessità. Un desiderio che aveva una forma, consistenza, un profumo inebriante, delicato. Un desiderio il quale non necessariamente doveva ottenebrare la ragione…
E inoltre, contrariamente alla caustica passione del “Tempo”, questo sentimento aveva un tocco carezzevole, candido, di un’incomparabile squisitezza.
Dolce.
Un sentimento che trascendeva ogni pensiero, pur avendo ragione d’essere.
C’era una logica.
Doveva esservi…

Inoltre aveva il diritto alla felicità.

Amanda era quella felicità.
Il suo miracolo della natura.
E il Ricordo di quella notte...
Il Ricordo della loro notte....
Il ritmico e armonico battito delle loro due nature unite.
Sentire il cuore di Lei in petto...
E qualche mese dopo sentire fra le sue mani il frutto di quel miracolo che il loro Amore gli concesse...

Spock...

“Padre.”
Sarek si voltò di scatto. Il loro miracolo sostava poco lontano, ostentando una certo imbarazzo...
“Spock...?” disse visibilmente sorpreso ed improvvisamente comprese che tutto non era perduto, che quella parte di sé che sapeva di Lei era ancora viva, solo che non risiedeva più in lui, ma aveva un corpo, una coscienza ed era viva. Soprattutto viva, palpitante.
Spock...
“Ero certo di trovarvi qui.”seguitò l’altro timidamente.
L’Ambasciatore non rispose, ma lo invitò a sedersi.
Osservò il figlio mentre prendeva posto accanto a lui e quando questi si accorse che era sotto osservazione, Sarek distolse subito lo sguardo.

“Abbiamo molto di cui parlare.”
Spock mosse il capo in un cenno di assenso.
“Ora però ascoltiamo...”
L’Ambasciatore levò gli occhi al cielo socchiudendoli.
L’altro comprese e fece altrettanto.
“Ascoltiamo...”

Ogni flebile sospiro, ogni respiro, ogni movimento della natura...

Amanda.