E dopo quasi un anno...
Sulle note di Elisa, un piccolo tributo all'Amore.
[Fandom: STAR TREK - Pairing: Sarek/Amanda]
- UN  SENSO DI TE -
Eppure   è sempre presente, senza più vincolo alcuno, nella  mia mente…il   pensiero di lei…
Sarek…
L’ambasciatore  sedeva ora in   decoroso silenzio nel giardino che sua moglie aveva  curato negli anni   della loro vita assieme.
 La lieve brezza che di  tanto in tanto   carezzava il suo volto aveva lo stesso caldo e timido  tocco che la donna   che aveva amato riservava lui nei momenti più  intimi del loro amore.   Talvolta quel venticello sembrava cantare il  suo nome, nel medesimo   modo, nella medesima intensità armonica con la  quale Amanda soleva   rassicurarlo, o rimproverarlo. Ma era sempre un  piacere in entrambe i   casi…qualunque fosse la natura di quel “canto”.
Per  Sarek ora ogni   flebile sospiro, ogni respiro, ogni movimento della  natura che lo   circondava risuonava della sua voce…e questo era di  conforto al suo   animo mutilato, che da poco aveva perduto quella parte  di sé che sapeva   di Lei.
Quei suoni erano l’unica cosa che ancora  la teneva in vita   nella loro casa… altrimenti il silenzio.
Il  nobile, ma irrequieto   silenzio del suo dolore il quale -contrariamente  al profumo di Lei che   inebriava ancora i suoi sensi- non aveva altro  che il triste sapore di   una realtà indissolubilmente amara.
Amanda…  ricordarti…?
Ricordare…   sapere che da ora in avanti questo sarà  il verbo attraverso il quale   sarò costretto a parlare di Lei e con  Lei…è una consapevolezza alla   quale rinuncerei volentieri…
Ma è un  dovere verso di Te.
E verso   di me.
Verso ciò che Siamo. Verso  ciò che Eri…
No .
Dover   parlare di Lei al passato…
No.
Verso  ciò che Sei e Sarai sempre.
Il   Passato è d’altronde un’illusione.  Ma il ricordo è dolore.
Bruciante   dolore.
Ciononostante sarebbe  illogico non ricordare…
Io non   dimentico. Questo lo sai bene…
E  quindi ascoltiamo insieme questi   ricordi. Per l’ultima volta.
Insieme.
All’ambasciata    vulcaniana, quella sera, erano stati invitati diversi membri illustri    della Federazione e della Flotta. La sala principale gremiva di  gente. I   presenti sfoggiavano abiti di diverso genere, che presi uno  ad uno   certo non spiccavano per sobrietà, ma nemmeno per eccessiva    grossolanità, tuttavia l’insieme stonava in una cacofonia di colori con    un’ambiente sostanzialmente umile, adorno e provvisto dello stretto    necessario per rallegrare la serata.
Dal fondo della sala, difatti,    si diffondevano le note di un Allegro di Mozart e questo bastava a    rendere il ricevimento estremamente gradevole. Si mormorava che fosse    stato lo stesso Sarek a richiedere la musica del compositore viennese e    questo provocò nei presenti un moto di stupore e autocompiacimento.
Amanda    Grayson spiccava in quel mare di opulenza per la sua modica eleganza.    Era una donna all’apparenza gracile, ma aveva portamento, i suoi  gesti   erano aggraziati e misurati e sul suo volto sembrava eternarsi  un   sorriso cortese e sincero. Era evidente però che con certi eventi  non   aveva ancora acquisito familiarità, sebbene sapesse portarsi, si  poteva   ancora cogliere nei suoi atteggiamenti talvolta impacciati e  nel suo   parlare altalenante un certo imbarazzo. Ma un imbarazzo dovuto  perlopiù   all’umiltà di una semplice insegnante la quale aveva da poco  ricevuto   un’onorificenza alla carriera e che avrebbe avuto a breve  l’onore di   sedere nelle università più prestigiose.
Quando uno dei  rettori più   rinomati volle presentarla a Sarek, la donna ostentò un  certo   tentennamento.
Questa soggezione si eclissò nel preciso  istante in   cui vide una mano protendere verso di lei. Amanda rimase un  attimo   attonita.
L’Ambasciatore voleva stringerle la mano come  consuetudine   terrestre. 
Quel gesto così umano solitamente  contrastava con lo   stoicismo vulcaniano, ma Sarek, sebbene seguitasse  nell’ostentare una   certa rigidità e austerità, aveva avuto modo di  acquistare dimestichezza   con gli usi e i costumi terrestri tanto da  desiderare di  sperimentarli,  e quel gesto, così, con la sua persona si  accordava  magnificamente.
Amanda,  inizialmente, pensò di  ricambiare il saluto  nel medesimo modo, ma poco  dopo comprese di dover  rendergli omaggio  nella maniera più consona alla  sua natura e invece  di ricambiare la  stretta di mano, levò la stessa  dividendone le dita e  pronunciando il  tipico saluto in un vulcaniano  decisamente  accettabile.
Allora Sarek  inarcò un sopracciglio sorpreso  e  incuriosito, attratto da quella  donna così amabile, e da quegli occhi   di un celeste così vivo al quale i  suoi non erano abituati e dalle gote   accese di un colore altrettanto  gradevole.
Quella fu l’occasione  in  cui comprese che doveva  trattarsi dell’inizio di un incanto  spaventevole  e delizioso, destinato  a perseguitarlo nel tempo.
Il  prologo di un  amore…?
Amanda…
L’Amore.   Sperimentare l’amore e  analizzarne le cause e le conseguenze sarebbe   stato logico. Ma non si  trattava di un’equazione risolvibile con la   ragione, e questo lo  innervosiva. Lo intimoriva e intimidiva. Era   un’equazione le cui  variabili non erano calcolabili. E le cui   incognite…
“Ma questa non è  scienza, Sarek!” lo rimbeccò Amanda un   giorno con una nota di sdegno “E  non è un problema di matematica!! Non   siamo numeri…ma persone! Non c’è  una soluzione logica…” sebbene Sarek   avvertisse in lei un moto di  risentimento, la vide sorridere mentre  gli  veniva incontro per prendere  le sue mani tra le sue e depositarvi  un  lieve bacio. Sarek si ritrasse  delicatamente, i suoi occhi confusi  si  posarono su quelli della sua  promessa sposa sondandone la  profondità  per attingere da essi una  risposta.
 “…Noi siamo la   soluzione,Sarek…e la nostra unione è meglio  della somma delle nostre   diversità…non sono forse queste parole di  Surak?”. Egli annuì   flebilmente mentre sul suo viso fioriva un sorriso  silenzioso appena   percepibile. Amanda intanto osservava quei moti quieti  e timidi   dell’animo dell’uomo che amava. Il pudore attraverso il quale  tentava   invano di nascondere la timidezza era di una bellezza  commovente. Lei   gli si riavvicinò invitandolo a condividere il loro  vincolo per mezzo   dell’unione delle loro dita. Sarek obbedì a quella  richiesta, mentre   Amanda portava le sue labbra su quelle di lui. Il  vulcaniano sgranò gli   occhi a quel tocco…piacevole. Poté chiaramente, e  distintamente   percepire ogni cosa. In lei l’amore così radicato era un  continuo   germogliare di nuove letizie e Sarek ne era parte integrante,  parte   integrante di una serenità che non aveva nulla a che vedere con la    logica...
Nulla…
“Serenità?...”
“Sì,    Amanda…la logica ci conferisce una serenità che gli umani raramente    raggiungono.” Ripeté. Amanda si mostrò dubbiosa.
Entrambe sostavano    immobili sul ponte di San Francisco, sopravvissuto alle numerose    intemperie del tempo, che fiero e ritto dominava il mare sottostante    permettendo a tutti coloro che vi posavano piedi insicuri di poter    godere della sua protezione, della bellezza dell’oceano e della serenità    di poter pensare in libertà, cullato dall’ondeggiare di quell’azzurro    così rassicurante.
L’ambasciatore seguiva il moto di quelle onde   con  occhi incantati. Il suo sguardo era impegnato a scandagliare    l’immensità del mare per carpirne il senso di tanta meraviglia, e per    comprendere il motivo della capacità di quelle acque di poter    rasserenare il suo spirito.
Alla luce di quest’arcana serenità –    conseguenza di una scrupolosa e ostinata osservazione di quella vasta    distesa d’acqua-  Possibile che la forza illuminante della logica,    l’unica motrice della sua esistenza, potesse perdere così ogni valore?
Per    un frangente, dubitò della giustezza della sua logica convinzione.    Allora pensò che quella perplessità non doveva essere sfuggita alla sua    compagna.
“E’ così…” confermò l’esattezza della sua affermazione,    senza distogliere lo sguardo dal mare.
Amanda, contrariamente al suo    compagno, aveva come oggetto in esame proprio Sarek.
I suoi occhi    ricercarono insistentemente quelli dell’uomo il quale fu costretto a    incontrarli. Ed ora, incredibilmente, fu come non aver mai distolto lo    sguardo dalla meraviglia della natura. Ritrovare quella stessa  serenità   in quell’azzurro vivo, vibrante decisamente più  familiare,consolante e   umano era ciò che rendeva la sua futura  consorte il più bello,   entusiasmante ed incomprensibile mistero della  natura stessa.
E   allora comprese che la serenità era sì una  costante, ma era mutevole e   pertanto non necessariamente conferitagli  dalla semplice e rigorosa   logica e dall’equilibrio che ne derivava, e  che inoltre seguiva un moto   ondulatorio, un altalenare che poteva  raggiungere sommità a lui   sconosciute, indefinibili…
E non avevano  un nome.
“E la felicità   dov’è in tutto questo?” improvvisamente  domandò seria Amanda.
Sarek   non rispose.
Si limitò ad osservare  quel suo bel mistero,  accennando  un lieve sorriso.
E ancora una  volta Lei fu in grado di  offrirgli  la risposta.
Amanda,  allora non fui in grado di  risponderti…
Quelle  sommità avevano un  nome.
Ecco.
Felicità.
Ma  la  felicità non era una  condizione necessaria.
Per un vulcaniano  non  era una condizione  accessibile, non era un pensiero concepibile e   pertanto non  rappresentava un traguardo perseguibile...
Non era   logico.
Era  una chimera. Un capriccio umano che Sarek sentiva di   doversi  concedere.
Doveva sposare Amanda.
“Dunque è   questo  il tuo volere, Sarek?”
La domanda di T’Pau riecheggiò, nelle    orecchie del giovane ambasciatore, imperiosa e traboccante di una severa    incredulità. Sebbene fosse un terminale a dividerli, Sarek percepii   nel  tono di voce il grave disappunto che l’anziana vulcaniana tentava   di  lenire con leggeri e impercettibili sospiri, ma il suo volto   contratto  tradiva le sue intenzioni.
 Ricordare il malcontento di   T’Pau era  sempre un’esperienza poco felice, ma pensare alla felicità   che invece  derivò dal perseguire la propria scelta rendeva quel ricordo   di un tale  pallore…
“Sì, T’Pau… è il mio volere.” Rispose con   fermezza.
La  donna inarcò un sopracciglio, dubbiosa. Era raro   scorgere in lei un  moto, seppur appena percepibile, emotivo, ma in   quell’istante,  l’ambasciatore poté chiaramente notare i lineamenti del   suo viso  incrinarsi in quel che si poteva identificare come un moto di    contrarietà e…delusione?.
“Sarek… non vedo ragione per la quale    negarti il matrimonio. Ma non vedo la logica…nella tua ostinazione a    pretendere come sposa quella terrestre.”
“La mia non è un’ostinazione    illogica, T’Pau… neppure una pretesa. E’ un desiderio.”
 “Il    desiderio è fuorviante, ingannevole. La tua ragione vacilla, Sarek…”
“Tu    metti in discussione la mia ragione, ma è la mia scelta a darti    pensiero. Sì, T’Pau…ho scelto un’umana. Questo è il mio volere.” La    tenacia ed il vigore con il quale ripeté le ultime parole provocò    nell’altra un guizzo amaro della bocca.
 Sarek desiderava Amanda, ma    era un desiderio logico, posato, controllato, non era il frutto di un    inganno, uno scherzo dei sensi. Era una necessità. Un desiderio che    aveva una forma, consistenza, un profumo inebriante, delicato. Un    desiderio il quale non necessariamente doveva ottenebrare la ragione…
E    inoltre, contrariamente alla caustica passione del “Tempo”, questo    sentimento aveva un tocco carezzevole, candido, di un’incomparabile    squisitezza.
Dolce.
Un sentimento che trascendeva ogni pensiero,    pur avendo ragione d’essere.
C’era una logica.
Doveva esservi…
Inoltre    aveva il diritto alla felicità.
Amanda era quella  felicità.
Il suo miracolo della natura.
E il Ricordo di quella    notte...
Il Ricordo della loro notte....
Il ritmico e    armonico battito delle loro due nature unite.
Sentire il cuore di Lei    in petto...
E qualche mese dopo sentire fra le sue mani il frutto   di  quel miracolo che il loro Amore gli concesse...
Spock...
“Padre.”   
Sarek si voltò di scatto. Il loro miracolo sostava poco    lontano, ostentando una certo imbarazzo...
“Spock...?” disse    visibilmente sorpreso ed improvvisamente comprese che tutto non era    perduto, che quella parte di sé che sapeva di Lei era ancora viva, solo    che non risiedeva più in lui, ma aveva un corpo, una coscienza ed era    viva. Soprattutto viva, palpitante.
Spock...  
“Ero  certo   di trovarvi qui.”seguitò l’altro timidamente.
L’Ambasciatore  non   rispose, ma lo invitò a sedersi.
Osservò il figlio mentre  prendeva   posto accanto a lui e quando questi si accorse che era sotto    osservazione, Sarek distolse subito lo sguardo.
“Abbiamo molto    di cui parlare.”
Spock mosse il capo in un cenno di assenso.
“Ora    però ascoltiamo...”
 L’Ambasciatore levò gli occhi al cielo    socchiudendoli.
L’altro comprese e fece altrettanto.
“Ascoltiamo...”
Ogni    flebile sospiro, ogni respiro, ogni movimento della natura...
Amanda.
lasilomariuccia e in corso
2 giorni fa

